Lo stile Van Avermaet

person Pubblicato da: Leone Belotti list In: Blog Ultimo aggiornamento: comment Commento: 0 favorite Visualizzazioni: 4836

Una storia esemplare

Lezione di stile al Rosti Bar con Greg Van Avermaet. 

Eravamo un po’ intimoriti all’idea di parlare con un campione che ha vinto la Roubaix, l’oro alle Olimpiadi di Rio ed è stato n.1 del ranking UCI. Tra le migliaia di atleti che vestono Rosti sulle strade del ciclismo, è forse il più titolato. Come partner tecnico di AG2R Citroën abbiamo avuto la possibilità di intervistarlo in esclusiva. 

«Speriamo che questa sia una stagione normale, e si possa tornare al calendario regolare, senza troppe restrizioni»

Normale, regolare, lo stile Van Avermaet si rivela fin dalle prime parole, niente esibizionismo, niente sbruffonerie. Quando sei un fenomeno, non fai il fenomeno. 

Eppure la sua è una storia esemplare. Greg Van Avermaet è un figlio delle Fiandre, terra-madre del ciclismo. Il nonno è stato un discreto professionista, il padre un ottimo dilettante. Sembra un destino già scritto, e invece Greg arriva al ciclismo in modo imprevedibile. Perché la sua passione, la sua scelta giovanile è un’altra: il calcio.  Nel ruolo più delicato, che richiede un talento speciale, il portiere. A 17 anni fa parte della rosa del Beveren, team di Pro League, la serie A belga. Ha davanti un grande avvenire. Diventare il nuovo Pfaff, il nuovo Preud’homme. Ma un infortunio lo ferma. E la riabilitazione gli fa scoprire la passione di famiglia: la bici.  Così Greg inizia a correre. E a vincere. Nel 2007 diventa professionista. 

«Quando ho iniziato c’erano Armstrong, Hincapie,  Museeuw, Van Petegem, Cancellara, Tom Boonen. Mi è piaciuto misurarmi con

Peter Sagan, c’è rispetto e orgoglio nel battersi con lui, è un ragazzo speciale, con una grande carriera. Gareggiare contro uno così, ti aiuta a essere motivato. Se arrivi sul podio con questi nomi...»

Il resto è storia nota. Una carriera da top rider, uno specialista delle grandi classiche. Dal 2019 veste i colori AG2R, e indossa maglie Rosti. Le ultime due stagioni sono state segnate dalla pandemia.

«Un periodo particolare per tutti, che ha sorpreso tutti, il ciclismo ha dovuto adattarsi. Non è stato facile interrompere, poi riprendere. Alla fine è stata una stagione lunghissima, una situazione difficile da gestire, non un bel periodo».

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Un nuovo inizio

E siamo ad oggi: la stagione che sta per iniziare rappresenta la possibilità di un nuovo inizio. 

«Per ripartire è importante avere più gare nelle gambe. Servono a resettarsi e a vedere a che livello sei». 

In calendario ci sono le Strade Bianche, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Sanremo, la Gand-Wevelgem, le  Fiandre, l’Amstel e la Roubaix. 

«Tra le mie gare preferite c’è la Strade Bianche. Non ha una grande tradizione, ma una grande partecipazione di corridori e un grande seguito di persone e tifosi».

Parlando di Strade Bianche, entriamo nel mondo gravel.

«Mi piace fare uscite in gravel, e anche in mtb, hai sensazioni extra, c’è più sicurezza stando nella natura, si possono scoprire nuovi percorsi, è un modo nuovo, bello, crescerà. In Italia trovi posti incantevoli, percorsi diversi, attraenti. Sull’inserire in calendario gare gravel il discorso è prematuro, la stagione è densa, il calendario fitto».

Riguardo al feeling con il pubblico, dice: «Mi piacciono gli spettatori, mi piace quando gridano il mio nome, sono realmente molto vicini, è facile parlare, è importante averli. Sulle salite tutto ok, ma quando le velocità sono più alte molti tra gli spettatori sono impreparati, quelle sono le situazioni più pericolose. Per evitare sorprese, prima delle gare bisogna richiamare il pubblico, invitare tutti a tenere la distanza di sicurezza». 

Un tema cruciale. Gli incidenti sono sempre più frequenti.

«Il ciclismo è cambiato tanto negli ultimi cinque anni, le velocità sono aumentate a livelli mai raggiunti prima, la competizione è sempre più caotica. Non siamo nei circuiti, ma su strada aperta. Bisogna lavorare molto nei prossimi anni sulla sicurezza».

La questione non riguarda solo le gare e i professionisti.

«Anche la sicurezza in allenamento è un problema, sulle strade ci sono troppe auto, occorre maggior rispetto, anche da parte nostra. Non ci sono spazi per i giovani che vogliono correre in gruppo, quando esci non sei mai al sicuro, devi fare molta attenzione».

Torniamo a parlare delle gare. Le Strade Bianche, e poi?

«E poi penso alle Fiandre, che si corre vicino a casa mia. Sono salito 4 o 5 volte sul podio, ma non ho mai vinto».

Dopo le classiche, inizierà il Grand Tour, le grandi corse a tappe. 

«Per noi sarà importante il Tour de France. Non solo per me, ci sarà anche Ben O Connor. Bello che l’inizio sia in Danimarca». 

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Andare sulla Luna

Arriviamo all’argomento che ci sta più a cuore. Come ti trovi con il nostro materiale tecnico? Se dovessi indicare una caratteristica Rosti?

Sorride, e dice: «Il look, lo stile italiano. Non è solo apparenza. Se con una maglia stai bene, ti senti bene».

Poi confessa: «Io sono ancora un grande fan del pantaloncino e della maglia, la combinazione migliore per andare più veloce».

Sui tessuti tecnici: «Sono sempre più evoluti, ma c’è sempre da migliorare. Per i corridori è decisivo mantenere il corpo al caldo, ma lo sviluppo dei materiali serve anche ad amatori e cicloturisti».

E cosa ci dici dei fondelli? I nostri clienti vogliono i fondelli dei top rider. «Facciamo 35.000 km l’anno, il punto di contatto è molto sollecitato. Il nostro fondello non è troppo imbottito, ha un buon confort, resta molto bene in posizione e non crea arrossamenti. Sono molto soddisfatto».

Cambiamo discorso, parliamo delle tue bambine, vanno già in bici?

«Hanno 2 e 6 anni, sono interessate, ma non le spingo verso il ciclismo. Ogni genere di sport va bene, non importa quale. Lo sport ti porta a sviluppare te stesso, non solo la forma fisica ma anche la capacità di relazione con gli altri. Il ciclismo è grandioso, ma anche il calcio, l’atletica, il tennis, l’equitazione».

Come ti vedi nel futuro, cosa farai tra dieci anni?

«Mi piacerebbe restare nel mondo dello sport professionistico, che sia il ciclismo o un’altra disciplina, e aiutare le persone a migliorarsi, a raggiungere il proprio massimo».

Ma già oggi Van Avermaet è un esempio per i giovani. Gente come te, gli diciamo, che corre da 20 anni, per tutta la community è un riferimento. Sei fiero di quello che hai fatto?

«Sì, è stato un lungo viaggio, un grande lavoro. E ho ricevuto tanto».

Stile di vita, stile di corsa e anche stile di comunicazione. 

Grazie Greg, molti si riconosceranno nelle tue parole, nel tuo stile educato, corretto, elegante. Dovessimo darti una maglia RostiStyle, sarebbe la Endurance. Un omaggio alla regolarità di chi da 20 anni fa 35.000 km l’anno. Che in totale sono 700.000 km, come fare andata e ritorno  dalla Terra alla Luna. Ecco cosa vuol dire la locandina di E.T. con il bambino che pedala verso il chiaro di Luna. 

Vuol dire che sei un Extra Terrestre.

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