Rosti al Tour 2019

person Pubblicato da: Leone Belotti - Calepio Press list In: Blog Ultimo aggiornamento: comment Commento: 0 favorite Visualizzazioni: 2410

Stavo giusto cercando un posto dove sparire il 28 Luglio per essere irreperibile il giorno del mio compleanno, quando mi telefona l’amico Ben dal maglificio Rosti.

Mi dice: «Leone, vieni con noi a Parigi a vedere l’arrivo del Tour».

«Aereo, albergo, tribuna vip sugli Champs Elisées, tutto a posto».

«Gruppetto gente sana, zainetto, due birrette, quattro risate».

Sembrava una cosa abbastanza tranquilla. Stavo per cedere.

Se avesse detto cose del tipo “Ci divertiremo un casino, faremo questo e quello” avrei potuto resistere. Invece ha detto: «Tu Leone non devi pensare a niente».

E così venerdì all’alba ovviamente senza aver dormito mi faccio un caffè, salgo sulla mia cafè-racer e mi fiondo al maglificio Rosti. Il ritrovo è alle h5.30. “Puntuale, non si aspetta nessuno”. Arrivo alle 5.33, e non c’è nessuno. Alle 5.59 ansia, poi arrivano tutti. 

«Sai Leone, conoscendoti ti ho anticipato l’orario di mezz’ora».

Poi sul furgone Rosti in direzione Milano Malpensa in formazione magut, cioè uno guida e gli altri dormono. Poche ore dopo scendiamo da un altro furgone sotto l’Arco di Trionfo.

«Ok gente, oggi libertà».

Libertà vuol dire facciamo una passeggiata senza meta. 

La città pullula di gente allegra in maglia gialla, di gente incazzata in gilet giallo, più il sottoscritto in calzini gialli Rosti. Basta guardare in basso e mi si vede anche in mezzo alla folla. Verso sera ci ritroviamo sulla collina di Mont Martre con l’orologio contapassi che dice: 22km percorsi. A me sembrano abbastanza anche in bici, 22 km, ma non lo dico.

Dico invece: «Beviamo qualcosa». Bella idea. Dieci spritz, 150 euro. 

Va bene, allora adesso cosa si fa. «Andiamo a mangiare qualcosa». Altra bella idea. 

Dieci coscette di pollo con birretta, 400 euro.

Così decidiamo basta mangiare e bere, facciamoci dei selfie di gruppo, tipo dieci rosti e un gatto nero, o qualcosa di tipico Parigi. Va bene. 

«Leone, tu metti i titoli».  Va bene.

Cominciamo al Sacro Cuore di Mont Martre: dieci sacramenti e un sacro cuore. 

Poi davanti alla piramide di Pei: dieci primati e una piramide. 

Sul Pont Neuf: dieci dissennati e una Senna. 

A Notre Dame: dieci bruciati e una bruciata. 

Finché qualcuno saggiamente dice: «Basta!». Peccato. Avevo già pronti dieci bastardi e una Bastiglia.Tralasciamo le vicende notturne. 

Secondo giorno, e altri cinque soggetti raggiungono la tribù. 

Adesso siamo quindici: sei scoppiati e quattro coppie e una bambina, una baby Rosti, sui 7-8 anni, con gli occhialetti da vista, che io pensavo servisse a lanciare la linea baby Rosti, ma nei fatti si è visto che invece lavora per Nutella. Cioè: in giro per Parigi s’impiastrava di Nutella, e subito due o tre della tribù, ego inter quos, pronti a servirla: uno le sfila gliocchiali, uno porge il fazzoletto, un altro le deterge il muso. Ego inter quos vuol dire: ed io tra di questi. 

Intanto la tribù Rosti si fa i selfie con il manichino di Bardet, entrando proprio dentro le vetrine AG2R nel negozio Levi’s. Esecrabile. 

Ci avviciniamo alle tribune-paddock. 

Per tutto il giorno non facciamo che avvicinarci alle tribune-paddock, passando decinaia di code, di posti di blocco, di controllo, di scansione del pass sul telefono, e anche il telefono è esausto.

Alle 5 siamo sulle tribune. Il Tour arriva alle 9. Non si può fumare. Dalle 5 alle 9 non si fa che andare a fumare, tornare al posto, bere una lattina di birra, andare a fumare, e così via, e anche pisciare. Appena mi appisolavo sentivo gridare «Leone!», allora mi giravo, e c’era il dispensiere da tre file sopra e di lato che rideva e mi lanciava una lattina di birra, da mezzo litro voglio precisare. Penso sia successo sei o sette volte, e posso dire di non aver mancato una presa, come tutti possono testimoniare.

Purtroppo poi però quando è passato il Tour (mi hanno detto che è passato dieci volte) io dormivo sdraiato tra i bidoni della plastica sotto le tribune, non essendo più tornato dall’ultima pausa sigaretta-pipì. Quando sono risalito ne ho visti quattro o cinque che passavano sul traguardo, pensavo fossero gli ultimi, poi mi sono reso conto che andavano troppo piano, e soprattutto al contrario. Il Tour era finito da circa un minuto.

Dai maxischermi Tv il commentatore sta dicendo qualcosa tipo: “Questo è stato il Tour dell’illusione e del crollo dei francesi vincenti, come Alaphilippe e Pinot, e del trionfo del francese perdente, Bardet, che alla fine invece ha portato a casa la maglia a pois.

«Ma noi siamo contenti della maglia a pois?».

«Puoi dire giuro: pois contenti di così non si pois!».

Uscendo dai paddock, vediamo nell’ordine: una decina di topi girare tranquilli nell’aiuola che avremmo attraversato, un’improvvisa massa di masse femminili in movimento, forse  vallette o hostess della zona premiazione, un’improvvisa massa di indios con al centro con le rispettive bici, quelli che mi sono sembrati due simpatici vecchietti tra gli amici dopo una corsa di paese, invece uno era Valverde  (l’ho capito quando uno di noi l’ha chiamato “Alehandro”) e l’altro era Quintana, che ho riconosciuto anche io.

Risaliamo i campi elisi, lentamente, stancamente.

Quando arriviamo all’arco del Trionfo, stanno già smontando tutto. Tutti pensiamo poeticamente che quando siamo passati la prima volta stavano ancora montando tutto.Dall’alba all’alba. C’est la vie. 

La tribù torna in formazione da dieci. 

Mentre l’Orly Bus ci porta via dal Trionfo, sfilando davanti alla Torre Eiffel, l’ultimo selfie.Indeciso se chiamarlo “dieci elfi e un’eiffel” o “dieci d’acciaio e una di ferro”. Chiedo alla tribù ma la tribù, come a volte accade, prorompe in improperi e commenti indubbiamente censurabili.

Nel volo di ritorno mi addormento a piombo. Nel furgone Rosti magut mi addormento a piombo. Mi risveglio per salutare la RostiTribe. Salgo sulla moto, avvio il motore. La Baby Rosti mi fa ciao dal finestrino dall’auto di papà. Alzo il piede da terra, metto la prima, ho ancora i calzini gialli, la baby Rosti mi guarda, e io rivedo la scena. 

Ai giardini del Louvre, un filamento di nutella colato sulla scarpetta, e questi due atleti ex professionisti come veri gregari in soccorso del loro capitano, e in ginocchio uno a tenere il piedino l’altro a detergerlo. Rivedendo la scena, vedo l’adv, compreso lo slogan. Naturalmente la baby Rosti deve calzare e anzi diventare “calzini gialli”, l’icona Rosti. 

FIN DAI TUOI PRIMI PASSI, IL MONDO AI TUOI PIEDI. 

Si, certo, non potrà mancare la linea “calzini rosa”, e modello sarà un bambino, con intorno tre amorevoli zie sexy in piega, et coetera, as we like, ma lo slogan sarà lo stesso.

Alla fine la baby Rosti ha lanciato la linea baby Rosti mangiando Nutella. 

Torno a casa, mi butto a dormire, non riesco a dormire, allora butto giù questo report, così, da alterato. 16 ore dopo al risveglio trovo un messaggio dell’amico.

«Leone, se hai scritto qualcosa per il blog sul viaggio Parigi...».

Rispondo: «Ma non dovevo pensare a niente?».

«Scommetto che non sei riuscito».

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