La morale del cronometro

Tappa 16: Trento-Rovereto, 34,5 Km (cronometro individuale)
«Non mi sono mai piaciute le cose col cronometro in mano.»
«Nemmeno a noi, Mery» la rassicura il Gino.
Siamo alla tanto temuta cronometro. Da Trento a Rovereto sono solo 34 km, una distanza che perfino io potrei percorrere.
Nella mia ignoranza (o come dice la Mery: «la tua verginità») non riesco a capire come queste mini-tappe possano risultare decisive per la classifica, con distacchi di minuti,
che sullo stesso tragitto in gara non ci sarebbero mai. Berlinguer prova a spiegarmi: «nella cronometro sei solo contro il tempo, non hai avversari da inseguire o da distanziare.»
«Non è vero, non ascoltarlo» dice il Gino «ce l’hai un avversario: te stesso. Cioè il peggior avversario che possa esistere, per qualcuno.»
Il Marelli, più semplicemente: «Hai mai visto una gara di sci?»
Intanto Aru si conquista il primo posto momentaneo, che gli viene tolto da Martin. Poco dopo scendono in strada Dennis, e a seguire Froome, Pozzovivo e il superman della crono Tom Dumoulin.
E dopo di lui la maglia rosa Yates. I veci cominciano a scaldarsi, mentre la gara è tutto un confronto sugli intertempi. Arriva Dennis e con 40 minuti precisi si prende il primo posto,
in attesa degli altri.
Ho capito, è una sfida a distanza.
«Ma perché quel casco da alien? E quel manubrio, e quelle ruote piene dietro?»
Seguono complicate spiegazioni sull’aerodinamica del velocista in solitaria, mentre arrivano Froome e Pozzovivo, che non riescono a fare meglio di Dennis e Martin.
Restano in strada i due sfidanti, Dumoulin e Yates. Arriva Dumoulin e si piazza terzo con 40 e 22 secondi.
«Ce la fa» afferma il Gino guardando Yates, ultimo uomo in strada.
Continuerà a essere in rosa, mi spiegano, se riesce a contenere il ritardo. Ultimo chilometro, pavé, rettilineo finale: Yates ferma il tempo a 41 e 37,
e mantiene così la maglia rosa con 56 secondi su Dumoulin. Terzo resta Pozzovivo, quarto risale Froome.
Berlinguer: «Non c’è stato il terremoto.»
Il Gino: «Dumoulin non ha fatto il super fenomeno, e Yates ha fatto meglio del previsto.»
Va bene, ma io continuo a essere perplesso: «però, fatemi capire: che senso ha che una grande corsa di gruppo di 20 tappe su e giù dalle montagne,
sia poi decisa da 2 brevi gare individuali in piano? Perché non le eliminano?»
«Ma allora non vuoi capire!» sbuffa il Gino. Mi guarda con quel suo faccione vorace. Con i suoi fichissimi guanti Rosti da ciclismo afferra le ruote delle sedia a rotelle
e fa avanti e indietro sul posto, di nervosismo.
Poi dice: «qualsiasi cosa tu vedi nel ciclismo, sensata o non sensata che sia, devi prenderla come lezione di vita.»
Ok, va bene. Meglio non farlo arrabbiare, mi è stato raccomandato. La pressione.
«Nemmeno a me piace» interviene la Mery con la sua sexy voce roca da fumatrice «ma ha ragione il Gino. Per esempio tu, per la tua bella, scommetto che hai scalato mari e monti, no?
Poi è passato un velocista e in un attimo te l’ha portata via.»
Bum. Questo non è ciclismo, è pugilato.
«Ti ringrazio Mery, adesso ho capito perfettamente.»
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